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Stampa che uccide

Stampa che uccide: Hamas spara dai giornali

Non basta tacere. O rimuovere. C’è un modo più diretto, più efficace, più devastante di aiutare il nemico: fargli da megafono.

Non basta tacere. O rimuovere. C’è un modo più diretto, più efficace, più devastante di aiutare il nemico: fargli da megafono. Ed è quello che fa oggi la stampa italiana. Ogni giorno, ogni titolo, ogni numero apocalittico rilanciato senza verifica, ogni accusa rituale ripetuta senza contraddittorio, contribuisce a costruire un clima. Un clima in cui l’ebreo – ogni ebreo – diventa un bersaglio. E in cui colpirlo non è solo comprensibile. È giusto.

Il messaggio di Hamas, parola per parola

“Ci saranno 48mila bambini morti in 48 ore.” Questa frase – totalmente priva di riscontri, mai attribuita ad alcuna fonte ufficiale – è diventata in pochi giorni uno slogan mediatico. L’ha ripresa Repubblica. L’ha rilanciata Domani. L’hanno twittata le Ong. Nessuno l’ha verificata. Nessuno ha chiesto: Chi lo ha detto? Quando? Come lo sappiamo?

Questo è il nuovo giornalismo: non verifica, non contesta, non riflette. Amplifica.

E quel che amplifica, parola per parola, è il messaggio di Hamas.

Il terrorismo si fa marketing. E la stampa lo distribuisce

L’obiettivo di Hamas non è solo militare. È narrativo. Far credere che Israele stia compiendo un genocidio. Disumanizzare il nemico. Delegittimarlo davanti al mondo. Trasformarlo in simbolo del male. In questo schema, non ci sono civili israeliani. Solo coloni. Solo carnefici. Solo colpevoli.

Il Manifesto scrive:

“La guerra israeliana a Gaza, purtroppo, non è diversa da quella della Russia in Ucraina: un’invasione, un massacro, una pulizia etnica.”

Il Fatto Quotidiano aggiunge:

“Il piano di Netanyahu è semplice: Gaza deve sparire.”

E l’Unità, con l’intervista a Laura Boldrini, rilancia senza filtro:

“I bambini di Gaza sono piccoli scheletri, si spengono poco a poco.”

Sono dichiarazioni gravi. Spesso non accompagnate da alcun contraddittorio, né da un riferimento minimo alle cause, agli attacchi di Hamas, agli ostaggi ancora detenuti. Il fatto che vengano pubblicate così, nude e rituali, le trasforma in verità condivise. E il giornalismo si fa dispositivo di propaganda.

Quando la calunnia diventa clima. E il clima diventa complicità

Se l’ebreo – ogni ebreo, ogni diplomatico, ogni voce non allineata – è complice di un genocidio, allora colpirlo diventa logico. O persino necessario. Se Israele “cancella Gaza”, se “affama due milioni di persone”, se “uccide bambini per hobby” (parole pronunciate da Yair Golan e rilanciate da quasi tutta la stampa), allora ogni risposta sarà vista come comprensibile. O come atto di giustizia.

Questo è il meccanismo più pericoloso: la stampa non solo normalizza Hamas, ma costruisce le condizioni morali per cui uccidere un ebreo diventa un atto coerente.

Elias Rodriguez non agisce nel vuoto

Elias Rodriguez – il giovane che ha assassinato due funzionari dell’ambasciata israeliana davanti al museo ebraico di Washington – non è un lupo solitario. È il prodotto finale di una radicalizzazione culturale. Una radicalizzazione che non avviene solo nei forum estremisti o nelle frange violente, ma nelle pagine dei giornali, nei titoli dei tg, nei post delle redazioni mainstream.

Chi gli ha detto che Israele compie un genocidio? Chi gli ha raccontato che ogni ebreo è corresponsabile? Chi ha normalizzato lo slogan “From the river to the sea”, trasmesso ogni giorno senza contesto né storicizzazione?

La risposta è semplice. I media. I nostri media.

Non è silenzio. È collaborazione.

Questa stampa non è distratta. È complice.

Non sta tacendo. Sta diffondendo.

Non sta coprendo. Sta partecipando.

Quando Domani scrive:

“Israele ha scelto la guerra. L’Europa deve scegliere se restare umana.”

non sta informando. Sta disegnando un bersaglio.

Quando Il Manifesto titola:

“Lo sterminio dei bambini di Gaza”,

non sta esagerando. Sta scolpendo una verità alternativa, dove Hamas non esiste, e gli ebrei sono colpevoli per definizione.

E allora la domanda è inevitabile

Se tutto questo è visibile, se le fonti sono pubbliche, se le cifre sono gonfiate, se le accuse sono calunniose e rituali, se il terrorismo si traveste da “resistenza” e la stampa lo accompagna…

Perché lo fa?

Perché la stampa italiana ha deciso di fare il lavoro di Hamas?

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