Mentre i giornali raccontano l’isolamento di Israele, esercitazioni militari e nuove intese dimostrano il contrario
C’è una parte del mondo che continua a leggere il Medio Oriente con la cartina degli anni Settanta. Quella parte si chiama stampa europea. Con l’eccezione di qualche testata, il ritornello resta invariato: Israele è isolato, sotto accusa, respinto dal consesso delle nazioni. È una narrazione che funziona perché rassicura: conferma lo schema buoni contro cattivi, oppressi contro oppressori, assediati contro assedianti.
Peccato che, fuori dalla bolla mediatica, il mondo si stia muovendo. E non nella direzione immaginata da chi racconta l’assedio permanente.
Israele e Algeria (sì, Algeria): la realtà oltre le formule
Come racconta Massimiliano Boccolini sul Riformista, dal 14 aprile Israele parteciperà alle esercitazioni militari African Lion 2025, promosse dagli Stati Uniti, insieme a oltre 40 Paesi. Tra questi, anche Qatar, Libia, Mauritania e soprattutto Algeria, storicamente ostile a Israele.
Algeri ha infatti deciso di aderire in qualità di “membro osservatore”. Non un errore, né un caso. È l’effetto di un lento ma concreto riposizionamento, testimoniato da un memorandum di cooperazione militare firmato con il comando AFRICOM a gennaio e da un’intervista del presidente Tebboune a un media francese lo scorso febbraio, in cui si accennava – testuale da Boccolini – “a una possibile normalizzazione con lo Stato ebraico”.
Un cambio di passo che smentisce l’idea, ancora diffusa nei giornali europei, secondo cui il mondo arabo parlerebbe con una sola voce – e sempre contro Israele.
Realismo strategico, non diplomazia di facciata
La stampa fatica a riconoscerlo, ma è il principio di realtà a guidare queste aperture.
Di fronte alle minacce comuni – dall’instabilità nel Sahel alla crescente influenza iraniana nella regione – molti Paesi arabi hanno scelto il coordinamento militare con Israele, anche senza relazioni diplomatiche formali.
È il caso del Qatar, che partecipa anche a Iniochos 2025, manovra aerea in Grecia con la presenza di aerei israeliani. E della Mauritania e della Libia, presenti alle esercitazioni African Lion nonostante l’assenza di relazioni ufficiali.
Non è la retorica della pace che spinge questi Paesi, ma la logica degli interessi: la difesa prima dei comunicati stampa.
Una stampa ancorata al proprio desiderio
Mentre questi fatti accadono, la narrazione mediatica dominante continua a ignorarli. Non per mancanza di informazioni, ma per scarsa volontà di aggiornare lo schema. La categoria dell’isolamento di Israele è diventata un assioma: non si dimostra, si dà per scontata. Poco importa se i dati, le manovre militari, i memorandum firmati dicono il contrario.
Il risultato è un’informazione miope, selettiva, spesso autoreferenziale. Che rischia di disinformare proprio mentre crede di fare chiarezza.
Conclusione: chi legge solo i giornali, non vede dove va il mondo
La stampa continua a raccontare Israele come fermo, e il Medio Oriente come bloccato nel conflitto. Ma è il racconto a essere bloccato, non la realtà.
Il mondo va avanti, stringe accordi, fa esercitazioni, si riorganizza. E chi si ostina a ignorarlo rischia di perdere, oltre alla notizia, anche il lettore.
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