Come il conflitto israelo-palestinese sta arrivando nei nostri tribunali, nelle nostre strade, nelle nostre vite, nelle nostre scuole e università. Non è Israele sotto processo. Lo siamo noi.
C’è una nuova guerra che si combatte in Europa. Non con i missili, ma con i tribunali, le manifestazioni, i social. Ed è diretta contro di noi, cittadini europei. Perché questa volta non è solo Israele ad essere attaccato: lo siamo anche noi, nei nostri quartieri, nelle nostre scuole, nel nostro diritto a vivere in sicurezza senza dover chiedere il permesso a ideologie estreme.
A L’Aquila, tre cittadini palestinesi sono accusati di terrorismo per aver sostenuto operazioni in Cisgiordania. Ma il racconto mediatico trasforma il processo in un atto d’accusa contro l’Italia. “Il processo contro Ali, Anan e Mansour non è un processo contro tre cittadini palestinesi, ma contro l’esercizio del diritto all’autodeterminazione di un popolo”, scrive L’Espresso. In aula, la difesa parla di “interrogatori con torture e sevizie”, e si contesta perfino che nei verbali si traduca “uccisi” invece di “morti”. Il messaggio è chiaro: chi attacca Israele va difeso a ogni costo. E chi cerca di fermarlo, va accusato.
Intanto, Hamas fa causa in Gran Bretagna per farsi cancellare dalla lista dei gruppi terroristici. “Hamas non è un gruppo terroristico – ha scritto il leader Marzouk – è un movimento di resistenza”. Gli avvocati che lo difendono dicono che la vera minaccia sono “gli eserciti israeliano, ucraino e britannico”. E intanto parlano di genocidio, diritti umani e legge internazionale. Ma il 7 ottobre Hamas ha mostrato cosa pensa davvero della vita umana. E oggi cerca di usare le nostre leggi per rifarsi la reputazione.
E poi c’è l’interrogazione presentata dal PD, secondo cui l’Italia avrebbe dovuto impedire a Netanyahu di sorvolare il nostro spazio aereo. Perché? Per arrestarlo, eseguendo il mandato della Corte penale internazionale. “L’Italia è tenuta a dare seguito alle sue decisioni”, ha detto Elly Schlein. Ma intanto l’Iran finanzia il terrorismo in Europa, e nessuno chiede mandati di arresto per i suoi leader. Per qualcuno, la legalità si applica solo a senso unico.
Nel frattempo, nelle nostre città, il terrorismo ha già cominciato a colpire. In Svezia, secondo Italia Oggi, “ragazzini entro i 15 anni vengono reclutati online” per attaccare obiettivi ebraici. Sparano contro ambasciate, piazzano bombe, ma “non subiscono nulla” perché troppo giovani per essere incriminati. Sono “piccoli travet del terrorismo”, scrive il giornale. Agiscono senza nemmeno sapere chi li comanda. E la stessa strategia si sta diffondendo in Germania e in Grecia.
Siamo noi, cittadini europei, ad essere presi di mira. La nostra sicurezza, la nostra libertà, il nostro diritto a vivere senza essere minacciati da chi vorrebbe portarci la guerra in casa. Il conflitto israelo-palestinese non è più solo una notizia lontana. È una battaglia che si gioca nelle nostre aule di giustizia, nelle nostre piazze e nei nostri quartieri.
E a pagarne il prezzo rischiamo di essere proprio noi.
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