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Sinistra tradimento

Sinistra, il tradimento: in piazza con gli ayatollah

Non si può fingere ingenuità davanti alle bandiere che si preparano a sventolare sabato a Roma, alla manifestazione “Stop Rearm Europe”.

Non si può fingere ingenuità davanti alle bandiere che si preparano a sventolare sabato a Roma, alla manifestazione “Stop Rearm Europe”.

Non sarà una piazza qualsiasi: si annuncia come un incrocio di ambiguità, complicità e inquietanti nostalgie rivoluzionarie. Ci saranno, tra gli altri, anche i Giovani Palestinesi d’Italia, quelli che definiscono il massacro del 7 ottobre come «rivoluzione» e chiedono – apertamente e senza pudore – di «bruciare Tel Aviv!» (“La Stampa“).

Accanto a loro ci saranno esponenti ufficiali del Partito Democratico: Laura Boldrini, Arturo Scotto, Sandro Ruotolo. Ufficiali, sì, perché «autorizzati esplicitamente dalla segreteria» (“La Stampa”). Ed è qui il cuore del problema: la sinistra che un tempo si diceva democratica e antifascista, oggi si prepara a camminare spensierata sotto le insegne di chi inneggia alla distruzione di Israele, accarezzando, magari inconsapevolmente, le fantasie egemoniche degli ayatollah iraniani.

Non è la prima volta che la sinistra radicale scivola in questa ambiguità. Già Michel Foucault si era lasciato incantare dalla rivoluzione iraniana, intravedendo in essa una speranza di riscatto contro l’Occidente “imperialista”. Una fascinazione che oggi, nella manifestazione romana, ritorna disturbante, come uno spettro difficile da esorcizzare. Dietro l’ossessione antisionista, la critica a Israele si fa indistinguibile dall’appoggio tacito – se non esplicito – a regimi oscurantisti che calpestano i diritti umani.

Pier Luigi Bersani, in un raro sussulto di lucidità politica, ha preso le distanze, definendo la piattaforma non unitaria. Intanto, Elly Schlein parla – eccome se parla – ma solo per chiedere che Israele fermi l’azione contro l’Iran e per puntare il dito, ancora una volta, contro Gerusalemme. Non è silenzio: è un orientamento preciso, sbilanciato, monocorde. Un’idea di politica estera che traduce ogni tensione globale in una condanna automatica verso Israele, eludendo ogni analisi, ogni responsabilità altrui, ogni complessità. Ma l’agenda della sinistra, sembra evidente, è sempre più dettata da Conte, Fratoianni e Bonelli, protagonisti di un’alleanza dove il PD è ormai semplice comprimario, incapace di dire di no, sempre pronto a scendere a compromessi con chiunque, pur di evitare l’isolamento.

La piazza romana rischia così di diventare il simbolo di un tradimento. La sinistra italiana, quella che dovrebbe rappresentare democrazia e progresso, si prepara a marciare – consapevolmente o meno – con chi giustifica la violenza degli estremisti, con chi sogna di vedere bruciare Tel Aviv, con chi porta le bandiere di Teheran. Una scelta politica e morale che non ammette giustificazioni o attenuanti.

Un tradimento che pesa sulla credibilità di tutta la sinistra. E che lascia, inevitabilmente, l’amara domanda: a chi spetta, oggi, difendere davvero la democrazia?

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