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Triangolo Khamenei

Sinistra, Confindustria, Luiss: il triangolo di Khamenei

Nel mese del Pride, la sinistra coccola gli ayatollah. E Confindustria li protegge.

Nel mese del Pride, la sinistra coccola gli ayatollah. E Confindustria li protegge.

La sinistra arcobaleno che coccola Teheran


Giugno è il mese del Pride. In Europa si sventolano bandiere arcobaleno, si celebrano i diritti, si combatte ogni simbolo d’oppressione. Tranne uno: l’Iran.

Nella rassegna stampa del 16 giugno, le testate progressiste italiane attaccano Israele con forza —

“Netanyahu ha scatenato l’inferno” (Repubblica)
“Un massacro senza giustificazione” (Il Manifesto)
“Guerra per motivi elettorali” (Domani)

Ma nessuna menziona le impiccagioni, le persecuzioni, la teocrazia. Teheran è solo “colpita”, una vittima, non la potenza che con il 7 ottobre, i suoi piani di sterminio nucleare, la sua corsa finale alla bomba, ha fatto esplodere questa guerra.

In pieno mese del Pride, chi si indigna per una scritta transfobica a Bari non trova niente da dire su un regime che impicca i gay, arresta le donne senza velo, finanzia Hamas e nega la Shoah.

La verità è semplice: la sinistra ha bisogno dell’Iran come nemico di Israele. Non importa se è teocratico, misogino o fascista. Basta che sia contro.

Il mondo cambia, la sinistra no

Nel resto dell’Occidente, qualcosa si muove: Macron non condanna Israele, il Regno Unito parla di “diritto alla difesa anche fuori confine”, il G7 evita di attaccare l’IDF.

Ma la sinistra italiana resta al 1982, con il poster della resistenza palestinese in redazione e il riflesso automatico: ogni bomba israeliana è un crimine, ogni reazione è sproporzionata, ogni governo italiano è complice.

E così, anche stavolta, si attacca Meloni per l’assenza di una nota di biasimo, come se l’Italia avesse sganciato le bombe. Niente analisi, solo strumentalizzazione di una guerra (di cui non si vuole capire nulla) ad uso interno. Nessuna proposta, solo ossessione.

Ma il peggio non è la sinistra: è Confindustria


Se la sinistra giustifica per ideologia, Confindustria protegge per interesse. Il Sole 24 Ore, il 16 giugno, apre con questo titolo:

“Guerra a Teheran: il prezzo del greggio può esplodere”

E il giorno prima:

“Perché il sogno israeliano di egemonia minaccia la stabilità regionale”

Nessuna parola su Hamas, sulle Guardie Rivoluzionarie, sulle minacce nucleari. Solo mercato, logistica, equilibrio energetico. L’Iran, che dal 1979 destabilizza la regione, che ha fatto fallire tre stati, che ne minaccia un altro di estinzione viene trattato come un fattore di “stabilità”.

Radio24, sua voce gemella, segue lo stesso copione: non una voce israeliana, non un esperto di strategia, solo assicurazioni, rischi marittimi, premi da ricalcolare. E il Dott. Paolo Mieli che, come aveva lui stesso predetto, scopre che Israele si può sostere, flebilmente, solo mentre è attaccato. Mai se combatte davvero e rischia di vincere la sua guerra.

Ma la rete è più profonda. Confindustria possiede la Luiss, dove insegna da anni Alessandro Orsini, pagato per raccontare che Israele è una potenza imperiale e che l’Iran “ha subito provocazioni”.

E la Luiss è anche al centro di una galassia di incubatori opachi, think tank, progetti europei in perdita, che producono contenuti e carriere. Le finalità sono poco chiare, certamente non sono quel tipo di profitti che risultano dai bilanci. E nemmeno analisi, conoscenza, equilibrio.

La linea editoriale è chiara: ConfiPutin


Oggi, la linea politica e culturale di Confindustria è chiara: difendere i dittatori che convengono, normalizzare ogni regime che fa affari, pubblicare editoriali contro Israele e titoli indulgenti con chi minaccia di distruggerla.

La chiamassero ConfiPutin, farebbero prima, perché il metodo è sempre lo stesso: accusare l’Occidente di destabilizzare, difendere chi controlla risorse, condannare Israele minacciato di distruzione come “escalatore”, mentre l’Iran è sempre “colpito”.

Chi ci guadagna?
Difficile dirlo, ma facile intuirlo: qualcuno negli ambienti industriali italiani sta facendo affari con l’Iran, e chiamarlo conflitto di interessi è un eufemismo.

Due alleati, un solo silenzio


Da una parte, la sinistra del Pride che non vede gli ayatollah.
Dall’altra, l’industria che protegge i fondi, non le persone.

Entrambe tacciono sulle vittime iraniane del regime.
Entrambe si indignano solo quando a sparare è Israele.
Entrambe hanno bisogno che l’Iran resti un regime vivo, e un problema senza colpevoli.

Quando la retorica arcobaleno e il cinismo di bilancio si danno la mano,
non c’è ideologia.


C’è solo complicità.

La redazione di Free4Furure

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1 comment

  • Davvero una analisi perfetta. È da troppo tempo che interessi convergenti, economici più che politici, usano tutti i mezzi a loro disposizione per raccontare una realtà capovolta, dove il cattivo è sempre Israele, chiunque ci sia dall’altra parte.
    Complimenti per il vostro lavoro, ormai indispensabile in questo periodo.