Il 1° aprile 2025 Fanpage.it ha pubblicato un articolo dal titolo:
“Ammanettati, fucilati e gettati in una fossa comune. Così Israele ha giustiziato 15 soccorritori a Gaza”.
Firmato da Davide Falcioni, il pezzo denuncia l’uccisione sommaria di 15 operatori umanitari da parte dell’esercito israeliano, a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. La notizia è presentata come certa. La formulazione, come evidente già nel titolo, non lascia spazio a dubbi, condizionali o interrogativi: Israele avrebbe giustiziato civili, gettandoli in una fossa comune.
Ma c’è un problema. Anzi, molti.
Una tesi presentata come verità giudiziaria
Il titolo non è un’ipotesi, non è una denuncia: è una condanna. Il verbo “giustiziato” appartiene al linguaggio della sentenza, non a quello dell’informazione. Nessun “secondo fonti”, nessun “presunto”, nessun condizionale. Eppure, come ammette lo stesso articolo, l’unica fonte della ricostruzione è il Ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, e la Protezione Civile palestinese.
L’unico riferimento esterno è la dichiarazione di un funzionario ONU, Jamie McGoldrick, che conferma il ritrovamento di corpi ma non parla di esecuzioni, né di fossa comune nel senso giuridico del termine.
“The discovery of a mass grave containing the bodies of at least 15 people… is deeply shocking”, ha dichiarato McGoldrick.
(OCHA, 31 marzo 2025)
Nessuna prova, nessuna inchiesta, nessuna fonte terza.
Il condizionale non è mai stato così necessario. Ma l’articolo lo ignora del tutto.
L’informazione trasformata in narrazione emotiva
La struttura del pezzo segue una regia retorica ben nota:
Titolo da tribunale militare;
Dettagli orrorifici (guanti ancora indossati, mani legate, spari, ambulanze schiacciate);
Silenzio israeliano;
Denuncia di “ennesimo crimine di guerra”.
Tutto è costruito per far coincidere l’orrore con la colpa. Nessuna domanda viene posta. Nessuna voce israeliana è presente. Nemmeno per smentire.
Le omissioni non sono neutre
Manca completamente il contesto bellico: Rafah è oggi teatro di combattimenti attivi. Non si dice che Hamas ha usato ambulanze, scuole e ospedali per scopi militari (documentato da più report e video, anche contestati, ma esistenti). Non si dice che l’IDF ha denunciato l’uso sistematico di operatori umanitari per trasportare armi, e che questi casi sono oggetto di indagini.
L’articolo non s’interroga nemmeno su un dettaglio fondamentale: quali elementi permettono di affermare che si tratti di un’esecuzione deliberata? Dove sono le prove, i referti, le immagini? Nessuna.
Quando l’informazione abdica, resta la rappresentazione
Non siamo davanti a una fake news. Le fonti esistono. Ma vengono trattate con fede narrativa, non con spirito critico.
Il racconto si regge sull’indignazione, non sulla verifica. Come se il lettore dovesse sentire, non pensare.
Il risultato è un testo che:
accusa senza provare,
crede senza verificare,
emoziona senza spiegare.
La responsabilità dell’informazione è più urgente che mai
Le guerre si combattono anche sul piano narrativo. E un’accusa di “esecuzione di civili” da parte di uno Stato democratico in guerra non può essere avanzata senza inchieste, verifiche e contraddittorio. Non per difendere Israele, ma per difendere il senso stesso di informazione.
Questo non è un appello al “bilanciamento”, ma alla responsabilità epistemica. Se l’orrore è reale, va raccontato con le categorie della verità, non con i codici dell’emozione.
Free4Future è nato per questo
Per segnalare quando le parole saltano i passaggi logici, quando le narrazioni si appropriano dei fatti e li riscrivono, quando un titolo ha più forza di dieci verifiche.
Soprattutto quando accade nel cuore dell’informazione italiana.
Fonti:
Fanpage.it, “Ammanettati, fucilati…”, 1 aprile 2025
UN OCHA, Statement on Rafah discovery, 31 marzo 2025
IDF, comunicati ufficiali 2023–2024
Rapporto Meir Amit Intelligence Center, dicembre 2023
Documentazione video (canale YouTube IDF, archivio Al Jazeera)
Redazione Free4future
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