Israele sotto esame. Gli altri neanche interrogati.
Il mondo ha pianto Papa Francesco. I giornali hanno contato le lacrime israeliane. E ignorato quelle di tutti gli altri.
La morte di un Papa è sempre un momento di visibilità globale. Leader di ogni continente inviano telegrammi, pubblicano tweet, rilasciano dichiarazioni, qualche ambasciata fa comunicati ufficiali, spesso di circostanza. Nessun osservatore si aspetta che ogni paese del mondo si distingua per originalità, empatia o precisione. Nessuno, tranne quando si parla di Israele.
Sfogliando la rassegna stampa italiana del 23 aprile 2025, si resta colpiti da un dettaglio: l’attenzione spasmodica dedicata alle reazioni – o, più precisamente, alle mancate reazioni – di Israele alla morte di Papa Francesco. Articoli e commenti si concentrano sulle parole (mancate) del premier Netanyahu, sull’eventuale ordine di censura ai diplomatici, sulla rimozione (presunta o reale) di post delle ambasciate. Il cordoglio del presidente Herzog, benché pubblico e verificabile, viene ignorato o marginalizzato. Tutto ruota attorno all’attesa della “prova morale”.
“Il ministero degli Esteri ha dato ordine di cancellare i messaggi di cordoglio”
(Repubblica, senza fonte né link)
“La morte di Papa Francesco ha incontrato un silenzio quasi totale da parte dei massimi rappresentanti israeliani”
(Il Manifesto, cancellando Herzog con una riga)
E gli altri paesi? La Cina è citata una sola volta, e solo per dimostrare quanto sia “più sollecita” rispetto a Israele. Della Turchia, dell’Algeria, della Siria, dell’Egitto, del Pakistan, dell’Indonesia – per non parlare di Afghanistan, Sudan, Libano, e di molte altre nazioni musulmane – non una riga. L’Iran viene menzionato solo di riflesso, per dire che almeno “loro una frase l’hanno scritta”.
Nessun giornale si domanda se e come abbiano espresso cordoglio paesi che:
- hanno rapporti delicati o problematici con la Chiesa cattolica,
- hanno storia di antisemitismo istituzionale,
- o semplicemente nessun legame rilevante con il Vaticano.
Tutto questo non interessa.
L’unica variabile che conta, l’unico comportamento monitorato in tempo reale, è quello di Israele.
Questa asimmetria narrativa è troppo evidente per essere casuale. Non è una richiesta di cronaca. È una forma di test: si chiede a Israele di confermare continuamente la propria “umanità”, la propria accettabilità morale nella comunità internazionale. Quando lo fa, il gesto viene minimizzato o ignorato. Quando tace, diventa caso, notizia, processo.
Israele è l’unico paese a cui si chiede di dimostrare ogni giorno che ha un cuore.
E quando lo fa, la stampa italiana risponde: “Non abbastanza”.
Gli altri? Silenzio. Ma quel silenzio non disturba nessuno.
E allora la domanda è semplice:
davvero vi interessa il silenzio… o vi interessa solo Israele?
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