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L’Avanti!Quando i “giornalisti” sono i carcerieri

Nel numero del 5 aprile, L’Avanti pubblica un articolo firmato da Giada Fallazzari intitolato “La strage dei giornalisti”. Il testo denuncia l’uccisione di oltre 200 reporter a Gaza, presentandoli come “disarmati”, “sacri”, “inviati della verità”, vittime di un deliberato attacco israeliano contro l’informazione. La tesi è chiara: Israele li uccide perché raccontano la verità.

Peccato che sia falsa.

Non tutti i “giornalisti” erano giornalisti. Alcuni erano terroristi a tutti gli effetti. Abdallah Al-Jamal, collaboratore di Al Jazeera e The Palestine Chronicle, è stato identificato come uno dei carcerieri di Noa Argamani, tenuta ostaggio da Hamas. Mohamed Washah, altro reporter di Al Jazeera, era in realtà un comandante dell’unità missilistica anticarro di Hamas, coinvolto anche nello sviluppo di droni per attacchi. I giornalisti Hamza Wael Dahdouh e Mustafa Thuria, anch’essi di Al Jazeera, erano operativi rispettivamente di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese, e agivano con un drone militare in missione.

Il 7 ottobre, diversi fotoreporter freelance che lavoravano per agenzie come AP, Reuters e persino CNN hanno documentato l’attacco terroristico come embedded, alcuni fotografando la distruzione di un carro armato israeliano, altri immortalati in posa con Yahya Sinwar, leader di Hamas. AP e CNN hanno successivamente sospeso la collaborazione con uno di loro, Hassan Eslaiah.

Il caso di Ahmed Kahlot completa il quadro: medico e direttore dell’ospedale Kamal Adwan, ha confessato di essere un generale di brigata di Hamas dal 2010 e di aver trasformato l’ospedale in una base militare. Non era un’eccezione.

In questo contesto, parlare di una “strage di giornalisti” come se si trattasse di martiri della verità significa ignorare volutamente il dato di realtà. Significa far passare come “informazione” quella che è, in molti casi documentati, complicità attiva con il terrorismo. Nessuno mette in discussione la morte tragica di veri operatori dell’informazione. Ma confondere chi racconta con chi combatte, chi testimonia con chi arma un drone, chi documenta con chi sequestra ostaggi, significa distruggere la distinzione più sacra che esista: quella tra verità e menzogna.

Non è difesa dell’informazione. Al contrario, è disinformazione creata dal terrorismo, che passa attraverso le nostre testate senza controllo, senza pensiero critico. Cioè tradendo la sacra missione dell’informazione.

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