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Fame Hamas

LA FAME NON CONTA, HAMAS SÌ

Cronaca di una rassegna stampa che scopre il vero oggetto dell’indignazione

Cronaca di una rassegna stampa che scopre il vero oggetto dell’indignazione

Non avete mai condannato lo schema Unrwa-Hamas.
Mai una parola sulle razzie sistematiche degli aiuti. Mai una riga sul mercato nero. Mai una domanda su chi decide chi mangia e chi no.
Avete lasciato che la parola “umanitario” coprisse tutto: corruzione, estorsione, logistica paramilitare.
E avete fatto indignazione, a comando.

Avete urlato per mesi che a Gaza c’era la carestia. Titoli in stampatello, foto di bambini denutriti, accuse a Israele di usare la fame come arma.
Ora che arrivano finalmente aiuti — gratuiti, tracciati, diretti, fuori dal controllo di Hamas — urlate di nuovo.
Non perché manchi il pane. Ma perché a distribuirlo non è più chi volevate voi.

Il 28 maggio è la data della verità. Basta leggere i titoli.

Avvenire:

“Battaglia per il cibo. La fame come arma.”
Il soggetto non c’è. Israele, ovviamente. Hamas che ostacola gli aiuti non pervenuto.

Domani:

“Spari e caos sugli aiuti.”
Chi spara? Chi crea il caos? Non si dice.

Repubblica, Tonacci:

“Gaza, l’inferno degli aiuti. Migliaia assaltano i nuovi contractor.”
I “nuovi contractor” sono il nemico. Non chi ha armato la fame per mesi.

Il Manifesto:

“Novanta giorni senza cibo, e ora il panico.”
Novanta giorni, ma mai una denuncia su chi bloccava i convogli.

Il Fatto Quotidiano, Caridi:

“Qui come nei ghetti. Si spara sugli affamati.”
Il capovolgimento della Shoah nella variante più acrobatica: lo sterminio è portare cibo

L’allarme fame, oggi, si rivela per quello che era: uno strumento narrativo.
Un servizio alla propaganda di Hamas.
Una leva politica per mettere pressione su Israele.
Una copertura morale per chi controllava tutto: logistica, distribuzione, accessi. E terrore.

Ora che gli aiuti entrano fuori da quel sistema, la stampa non festeggia. Non informa. Non interroga.
Attacca.
Perché il problema non era la fame (anche perché non c’è mai stata nessuna carestia a Gaza)
Era amplificare il messaggio di lotta di Hamas. Oggi diventa salvare il suo potere.

Ora che la fame se ne va, resta nudo, senza più schermi, il vero oggetto di questo racconto: il sostegno implicito, strutturale, normalizzato a Hamas.
Un’organizzazione terrorista, islamista, razzista, che ha fatto della popolazione civile il proprio scudo e il proprio capitale.

E allora la domanda finale non è retorica, né provocatoria. È civile.
È normale, in una democrazia, che la stampa lavori — consapevolmente o no — a sostegno di un gruppo terroristico e di un piano di attacco, quello sì, genocida?

La redazione di Free4Future

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