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Cecilia Sala, propaganda e disinformazione: viaggio (non autorizzato) nell’Iran dei miracoli

Cecilia Sala, propaganda e disinformazione: viaggio (non autorizzato) nell’Iran dei miracoli

Nel pieno dell’escalation tra Israele e Iran, mentre le Guardie Rivoluzionarie occupano militarmente Teheran e la resistenza interna viene repressa con brutalità, una delle voci più ascoltate del giornalismo italiano rilancia un video rassicurante.

Cecilia Sala, inviata e storyteller celebrata, posta su Instagram un filmato in cui giovani iraniane passeggiano serene, bevono caffè, ridono. La didascalia suggerisce che non siamo affatto nel Medioevo, come qualcuno (chi?) vorrebbe far credere.

Peccato che quel video, come dimostrato da un’indagine pubblica su X, sia stato generato all’interno di una rete di disinformazione digitale che include account sospetti, agenzie opache e messaggi replicati ossessivamente.

Il circolo negazionista della repressione

Il filmato, originariamente parte di uno spot pubblicitario, è stato alterato, corredato di un messaggio propagandistico, diffuso da una rete di account tra cui @commiepommie, @ricwe123 e @ConlustroR. Tutti connessi a narrazioni negazioniste della repressione iraniana. Cecilia Sala non si limita a ricondividere.

Scarica il video, lo edita (eliminando gli uomini), riformula la frase centrale mantenendo però intatta la struttura e il senso: “In Iran non c’è repressione, e i media occidentali non ve lo raccontano” diventa “In Iran non c’è Medioevo, eppure qualcuno riesce a dirlo con la faccia seria”.

Non è un dettaglio. È il cuore del metodo: trasmettere un messaggio identico nel contenuto, ma camuffato da reportage giornalistico indipendente. Una tecnica ben nota nella propaganda: lo “straw man”, attaccare una posizione che nessuno ha realmente sostenuto (“gli iraniani sono medievali”) per spostare l’attenzione dai veri responsabili dell’oppressione (il regime).

Non è la prima volta. Cecilia Sala è già stata criticata duramente dalla resistenza iraniana per avere diffuso, in passato, la versione del regime sullo stato mentale di una studentessa arrestata, descritta come instabile psichica. Esattamente il messaggio diffuso dalla polizia iraniana per screditare le dissidenti.

Lo schema-Lucidi

Ora, il nuovo video segue lo stesso schema dello “Schema Lucidi”: mostrare una normalità selettiva, un momento di tranquillità e libertà individuale, per suggerire che la repressione è un’esagerazione propagandistica dei media occidentali.

Tutto ciò mentre a Teheran si registrano tre impiccagioni al giorno, le carceri si riempiono di giovani attiviste torturate e stuprate, e le comunicazioni vengono oscurate. La realtà che Cecilia Sala non racconta è quella del regime islamista più violento del Medio Oriente, quello che arma Hamas, sogna l’annientamento di Israele e prosegue indisturbato verso l’arma nucleare.

Il punto non è solo la superficialità del contenuto. È il ruolo. Quando una giornalista occidentale diffonde in modo sistematico messaggi identici a quelli della propaganda iraniana, ridimensiona le atrocità, scredita le oppositrici e racconta un Paese per quello che il regime vuole far credere, non si può più parlare di leggerezza. Il dubbio che stia svolgendo, consapevolmente o no, un lavoro di agente d’influenza è legittimo.

Il sospetto cresce se si considera il contesto da cui il video proviene: account ambigui, società fantasma (come la ConLustro Srl), nessuna trasparenza, collegamenti oscuri. Cecilia Sala ha preso quel video, lo ha adattato, lo ha firmato. Ha scelto da che parte stare.

Narrazione tossica

Il risultato è una narrazione tossica che disinforma, distoglie l’attenzione dalla repressione reale e fornisce una sponda comoda alla teocrazia che uccide le donne per un velo fuori posto. Non è solo malgiornalismo. È complicità morale.

La resistenza iraniana non ha bisogno di questi alleati. Ha bisogno di verità. Ha bisogno che chi ha voce non la usi per abbellire gli aguzzini. Ha bisogno che i video propagandistici restino dove sono nati: nei canali della disinformazione, non nei profili Instagram della stampa italiana.

La Redazione di Free4Future

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