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Avvenire – Una resistenza da premio Oscar

Un documentario premiato con l’Oscar. Gli aggressori? Coloni e militari, indistinguibili. Il sistema? Complice. La vittoria? Morale, poetica, cinematografica.

🛠️ SMONTA E SPIEGA
Articolo: Una resistenza da premio Oscar che tenta di disarmare la guerra
Testata: Avvenire
Data: 20 aprile 2025
Autrice: Lucia Capuzzi

🎭 Narrazione proposta
Un villaggio pacifico, fatto di pastori e registi, oppone la sua resistenza nonviolenta all’occupazione israeliana. La loro arma è sumud, la resilienza. La prova? Un documentario premiato con l’Oscar. Gli aggressori? Coloni e militari, indistinguibili. Il sistema? Complice. La vittoria? Morale, poetica, cinematografica.

🔍 Il problema reale
L’area raccontata non è un semplice villaggio agricolo, ma una zona militare designata ufficialmente negli anni ’80, sotto pieno controllo israeliano in base agli Accordi di Oslo. Le costruzioni al centro della controversia sono in buona parte non autorizzate, recenti e spesso disabitate, realizzate per consolidare una presenza politica, più che per rispondere a un bisogno abitativo.

🧱 La costruzione retorica
🖋️ Poetizzazione della resistenza: la telecamera è un’arma, il gregge è un simbolo, la nonna è un monito morale. Tutto funziona, tranne i fatti.
📽️ Verità per statuetta: se ha vinto un Oscar, allora è vero. Anche se mancano mappe, date, contraddittorio.
📜 Omissioni strategiche: nessun cenno alla designazione militare, agli accordi firmati, al fatto che non si parla di villaggi preesistenti, ma di insediamenti nati negli ultimi decenni.

🧨 La menzogna diffusa
“Un popolo inermi, nonviolento, storico, difende la propria terra dalle ruspe e dai coloni violenti.”

Traduzione: una fiaba efficace. Ma una fiaba. I coloni non ci sono. La zona è legalmente contesa. E chi ci abita oggi, spesso, ci si è insediato per rendere il conflitto visibile.

🧠 Cosa resta da capire
Il conflitto israelo-palestinese non ha bisogno di favole illustrate, ma di verità complesse.
Ridurre una zona militare pattuita a set cinematografico emozionale non è informazione: è fiction di successo.

Redazione Free4Future

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