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Giornata antisemita

Antisemitismo: una normale giornata sulla stampa

Sulla stampa italiana, c’è qualcosa di peggio del sostegno aperto ad Hamas, e della guerra alla realtà dei fatti: c’è il riemergere di vecchie calunnie della tradizione antisemita

Sulla stampa italiana, c’è qualcosa di peggio del sostegno aperto ad Hamas, e della guerra alla realtà dei fatti: c’è il riemergere di vecchie calunnie della tradizione antisemita

📍Il caso Repubblica – «L’IDF ci ha sparato addosso»
Un titolo come una condanna. Israele diventa soggetto attivo e colpevole in una frase costruita per produrre una sola emozione: rabbia.
Il pezzo di Fabio Tonacci è una cronaca esclusivamente costruita su voci palestinesi: «Ho visto persone cadere per i colpi e sanguinare, se avessi alzato la testa sarei morto». Nessuna verifica terza, nessun accenno al fatto che Hamas abbia ripetutamente usato le folle civili per coprire i propri combattenti. Nessuna domanda, solo indignazione.

🔍 Perché è antisemitismo?
Perché trasforma Israele da Stato in guerra a macchina omicida, e lo fa evocando il più antico degli stereotipi: quello dell’ebreo insensibile, disumano, incapace di empatia. L’IDF diventa il nuovo Golem, costruito non per difendersi, ma per uccidere.

📍Il caso Avvenire – «È crimine di guerra»
Anna Maria Brogi non ha dubbi. La raffica di colpi a Rafah è un “crimine di guerra”. A dirlo non è un tribunale, ma un titolo di giornale. Il lettore trova un paragone che vale più di mille immagini: «Hunger games». La distribuzione degli aiuti viene presentata come un rituale sadico ideato da Israele.

🔍 Perché è antisemitismo?
L’accusa non è solo infondata: è archetipica. L’ebreo che provoca la sofferenza per trarne vantaggio è figura ricorrente nell’immaginario antisemita europeo. Il riferimento a “Hunger Games” inverte i ruoli: Israele non è più rifugio post-Shoah, ma il nuovo carnefice, che gioca con la fame degli altri. È il rovesciamento perfetto.

📍Il caso Domani – «La strategia del pane»
Youssef Hassan Holgado firma uno dei testi più emblematici: accusa Israele di usare il cibo come esca. «L’impatto sanguinario era preventivabile», scrive. Ma non si limita a raccontare un incidente: insinua una regia. Un piano. Una volontà. L’uso della parola “strategia” non è neutro: trasforma la tragedia in metodo.

🔍 Perché è antisemitismo?
Perché evoca la figura dell’ebreo manipolatore, che sacrifica la vita altrui per i propri fini. È la stessa logica delle antiche accuse di avvelenamento dei pozzi. Cambia il secolo, ma non la dinamica: Israele è colpevole perché ebraico, non perché ha colpito.

Parole di guerra: la verità rovesciata dai titoli

📍Il caso Unità – «A Gaza è ancora strage del pane»
Umberto De Giovannangeli fa un uso chirurgico del linguaggio. Il termine “strage” viene ripetuto come un mantra. Ma non c’è spazio per domande: solo condanna. Israele diventa entità seriale, “stragista” per natura, come se avesse nel suo DNA politico la soppressione dei civili.

🔍 Perché è antisemitismo?
Perché disumanizza Israele, e con esso gli ebrei. “Strage del pane” è l’equivalente retorico di “sionismo uguale apartheid”: uno slogan, non un’analisi. E come ogni slogan, produce odio. In questo caso, odio verso un intero popolo.

🧩 Il tratto comune
In tutti questi articoli non c’è solo una narrazione sbilanciata. C’è una costante: la negazione della legittimità stessa del sionismo. Israele non è visto come Stato che agisce, bene o male, nel quadro di una guerra. È visto come entità intrinsecamente colpevole. E questa è la definizione stessa dell’antisemitismo: giudicare un popolo – oggi attraverso il suo Stato – come irrimediabilmente criminale.

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