Domenica 15 giugno, mentre a Marzabotto si celebra una marcia “per la Palestina” organizzata da PD, Cinquestelle, sinistra radicale e associazioni filopalestinesi, la storia fa il suo corso da un’altra parte. La notte tra il 13 e il 14 giugno, Israele ha colpito duramente l’Iran: oltre 100 obiettivi strategici distrutti, tra cui impianti nucleari, basi militari, centri di comando. Un colpo diretto al cuore del regime islamista che finanzia Hamas, Hezbollah e il terrorismo jihadista globale.
Non è solo una questione geopolitica. È un evento potenzialmente epocale. Per la prima volta, il regime degli ayatollah potrebbe crollare. E con lui il sistema di oppressione che tiene in ostaggio milioni di iraniani, soprattutto donne, giovani, dissidenti. La guerra del terrore islamista potrebbe aver subito la sua prima vera sconfitta.
Eppure, a Marzabotto si sfila per la Palestina. Come se nulla fosse. Come se il vero nemico fosse ancora Israele. Come se i massacri di Hamas non fossero mai accaduti. Come se non fosse stato proprio l’Iran a ordinarli, finanziarli e rivendicarli.
A Marzabotto, simbolo della resistenza antifascista, si ripete il copione dell’8 settembre. Quando cadde il fascismo, e c’era da scegliere. Alcuni scelsero la libertà. Altri — i repubblichini — si schierarono con i nazisti.
Oggi la scelta si ripropone: stare dalla parte dei popoli liberi, o rimanere complici — consapevoli o meno — del fascismo iraniano e dei suoi alleati terroristi.
Chi domenica marcia a Marzabotto non sfila per la pace. Sfila per l’ultima raffica del fascismo. Quello con il turbante.
La Redazione di Free4Future
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