
Leggere l’articolo del Messaggero del 21 luglio 2025 è come sfogliare un manuale di manipolazione a uso giornalistico: la cronaca c’è, i morti ci sono, la strage pure. Manca solo la verità.
Manca, per esempio, il nome dell’organizzazione che distribuisce gli aiuti: la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), ong israelo-americana con il compito ufficiale di sostituire i canali dell’ONU. Da maggio gestisce i quattro centri di distribuzione nel sud e nel centro della Striscia. Gli articoli del Corriere e di Repubblica raccontano che quei centri sono diventati bersaglio costante di bande armate e miliziani di Hamas. Ma per il Messaggero, semplicemente, non esistono.
Nel pezzo intitolato “Ancora spari sulla folla. L’IDF dilaga nella Striscia. Scontro sulla deportazione”, i camion degli aiuti compaiono in questa forma: “Almeno 84 morti nei raid israeliani: in 73 aspettavano gli aiuti”. Si legge che “L’Idf ha poi confermato di aver sparato colpi di avvertimento nei pressi di un centro di distribuzione di aiuti”, ma non si dice mai chi stava distribuendo, chi gestiva il punto di raccolta, se c’erano stati scontri o infiltrazioni armate. La causa della morte è implicita e univoca: Israele.
Più avanti, l’articolo insiste: “L’esercito ha poi confermato di aver sparato colpi di avvertimento nei pressi di un centro di distribuzione di aiuti. Almeno 73 palestinesi sarebbero stati uccisi”. Nessun accenno alla GHF, nessuna menzione al fatto che le cronache parlano di sparatorie a due fuochi, con Hamas che tenta deliberatamente di creare caos intorno ai camion. Nessun dubbio, nessuna verifica.
Il Messaggero prende per buona, senza alcun filtro, la versione fornita da fonti palestinesi o da Hamas stesso. E attribuisce automaticamente all’IDF la volontà di colpire i civili. In realtà, secondo altre testate, è proprio la GHF a essere nel mirino dei sabotatori: perché distribuisce il cibo, perché toglie consenso a Hamas, perché azzera il ricatto della fame.
Il meccanismo retorico è sottile ma devastante: viene ripetuto e amplificato il racconto di Hamas, secondo cui la folla si accalca disperata per fame e viene colpita senza motivo. Ma questa narrazione ignora che è lo stesso Hamas a sabotare sistematicamente i convogli e a infiltrare le folle con miliziani armati per generare scontri. Così facendo, il Messaggero finisce per offrire una motivazione politica e morale alla violenza di Hamas, trattando il disordine come reazione legittima, e premiando mediaticamente la strategia di usare i civili come scudi e strumenti di propaganda.
Nella cronaca del Messaggero, chi distribuisce il pane diventa il carnefice. Chi spara per proteggere gli aiuti diventa un assassino. Chi crea disordine per sabotare la consegna diventa invisibile.
Il lettore, a fine pagina, sa che ci sono 84 morti, e l’unica fonte è il ministero della salute di Hamas, cioè i terroristi. Sa che Israele ha sparato. Non sa nulla su chi ha distribuito gli aiuti, su chi ha creato il caos, su chi ha strumentalizzato la folla. Questo articolo del messaggero non è una verità mutilata, è una bugia dall’inizio alla fine.






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