Free4Future

Il papa e Netanyahu: la sconfitta della Chiesa in kefiah

C’è chi si indigna per qualche mattone caduto, e chi telefona al Papa.

Oggi, Il Riformista ha dato conto di un fatto che sembra minore, ma che potrebbe segnare l’inizio di una svolta: Benjamin Netanyahu ha chiamato Papa Leone XIV, per esprimere “rammarico per un incidente” accaduto nei pressi della Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. E lo ha invitato in Israele.

Un gesto semplice, diplomatico. Ma carico di implicazioni.

Per chi osserva i rapporti tra Israele e la Santa Sede, il segnale è chiaro: nonostante il fuoco amico di parte della Chiesa cattolica, Israele sceglie il dialogo con il vertice. Non con i suoi agitatori.

La fazione che ha perso (e non se ne fa una ragione)
La chiamata di Netanyahu arriva in un momento delicatissimo. Nelle stesse ore, il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa rilascia dichiarazioni pubbliche dopo la sua visita nella chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, parlando di “morte e distruzione ovunque” e mettendo in dubbio la versione israeliana dell’“errore tragico”.

Un tono militante, carico di pathos, che somiglia sempre più a un risentimento politico. Ma qualcosa è cambiato: oggi, questi attacchi non spostano più l’asse. Non influenzano né il Vaticano né l’opinione pubblica internazionale.

Per una ragione semplice: hanno perso. Hanno perso il conclave. Hanno perso la centralità. E stanno perdendo anche l’egemonia culturale dentro la Chiesa. Una Chiesa che non vuole più essere trascinata in guerre ideologiche travestite da pacifismo.

La Chiesa della kefiah
La Chiesa che oggi strilla contro Israele è la stessa che non ha mai trovato una parola pubblica per i cristiani uccisi, rapiti, crocifissi a pochi chilometri da lì, o in Sudan, o in Siria, o in Nigeria. Una Chiesa che indossa la kefiah ma dimentica la croce, che documenta i crateri di Gaza ma non le fosse comuni di cristiani.

Che finge equidistanza, ma la esercita solo a senso unico. Che parla di pace, ma tace sulla persecuzione.

Papa Leone XIV ascolta. E non si lascia trascinare.
Non proviene dalla fazione mediorientale. Non indossa la retorica dell’equidistanza. Ha vinto un altro orientamento: più sobrio, più silenzioso, ma anche più attento al valore universale della verità. Accoglie la telefonata di Netanyahu, risponde, riflette, valuta una visita in Israele. Non cede al pressing mediatico, né agli appelli partigiani.

La Santa Sede, oggi, non è più ostaggio della fazione Zuppi–Pizzaballa.

Un cambio di stagione
C’è una Chiesa della pace reale, che cerca l’equilibrio e la protezione dei più deboli. E c’è una Chiesa della propaganda, che ha perso il controllo della narrazione e ora cerca visibilità attaccando Israele.

Una ha vinto. L’altra urla.

E chi ascolta, ha già capito da che parte sta la verità.

free4future

2 comments