Israele ha colpito per prima, in modo autonomo, con un’operazione combinata cyber e aerea che ha accecato i radar iraniani e paralizzato la difesa. Ma la stampa non ci sta
Lo ha fatto in silenzio, senza proclami, con precisione chirurgica e obiettivi mirati tra Damasco, Isfahan e basi intermedie.
L’attacco americano — denominato “Midnight Hammer” — è arrivato dieci giorni dopo, con bombardamenti su Fordow, Natanz e Isfahan. L’azione ha avuto una narrazione enfatica: Trump ha parlato di “successo spettacolare”, i giornali hanno titolato “pioggia di fuoco”, “devastazione totale”, “colpiti i siti nucleari strategici”.
Immediatamente, alcuni media italiani — Repubblica, Corriere, Fatto Quotidiano — hanno rilanciato una lettura strumentale e rovesciata dei fatti: Israele non avrebbe potuto fare nulla senza l’intervento americano.
“Senza il via libera americano, l’operazione non sarebbe stata possibile.”
(Il Fatto Quotidiano, 23 giugno 2025)
“Gli Usa mostrano di poter paralizzare il programma nucleare di Teheran.”
(Repubblica, 23 giugno 2025)
“La risposta americana riporta ordine. Israele da sola non poteva contenere l’Iran.”
(Corriere della Sera, 23 giugno 2025)
Strategia di una narrazione
Screditare la capacità autonoma di Israele serve a riassorbire la sua azione nel quadro dell’equilibrio Obama: Israele non agisce, reagisce. E solo se e quando riceve l’autorizzazione americana.
Sottintendere che solo gli Stati Uniti sanno “come e quando” si può colpire, permette di tenere Israele sotto tutela strategica, e di negare il significato stesso della sua autodifesa come espressione di sovranità nazionale.
È una delegittimazione sofisticata, mascherata da cronaca tecnica. Non si nega il successo militare — lo si attribuisce ad altri.
In realtà, Israele ha aperto il fronte, ha colpito per prima, ha neutralizzato sistemi difensivi e infrastrutture radar, ha operato con mezzi propri.
Ha colpito in profondità, da Damasco a Isfahan, mentre gli Stati Uniti attendevano il momento giusto per intervenire, valutando rischi politici ed elettorali.
E quando Washington ha agito, il danno era già stato fatto. Il raid americano ha avuto una forte valenza simbolica, una funzione di amplificazione, ma non è stato l’inizio dell’operazione, bensì il suo eco visibile.
“Ci vogliono far credere che Israele abbia potuto colpire l’Iran solo grazie al permesso americano. Ma i bunker erano già in fiamme prima che i B-2 decollassero. Non è la storia che è sbagliata. È l’ordine con cui viene raccontata.”






Bravi! Mi dispiace di avervi scoperto dopo così tanto tempo.