Perché l’Occidente ha più paura della vittoria di Israele che della bomba iraniana. La stampa del 23 giugno 2025
C’è un dato che ormai è impossibile negare: più Israele si avvicina a una vittoria reale, più l’ostilità della stampa occidentale cresce. Non si tratta più solo di critiche o interrogativi. Si tratta di un rifiuto viscerale, quasi di un terrore culturale, che si esprime ogni giorno con titoli e retroscena che sembrano redatti non da inviati a Tel Aviv, ma da ghostwriter in un ministero di Teheran.
Il patto infranto
Ma perché? Perché una stampa che si definisce democratica ha così paura della vittoria di una democrazia contro un’alleanza islamista che ha dichiarato guerra all’Occidente? La risposta è politica, economica e narrativa.
Da oltre un decennio, le élite europee hanno investito tutto su un assetto del Medio Oriente disegnato sull’“equilibrio” di Obama: Israele, alleato ufficiale; l’Iran, contrappeso strategico. Mai trattato da nemico, ma come “interlocutore necessario”, secondo la formula ricorrente sui quotidiani europei.
Il 7 ottobre ha rotto quell’equilibrio. Ha mostrato che non si trattava di un assetto stabile, ma di una finzione diplomatica. E quando Israele ha deciso di non fermarsi ad Hamas, ma di colpire Hezbollah, la Siria, e infine l’Iran, il panico ha cominciato a filtrare nei titoli.
Lo racconta bene Il Manifesto, il 23 giugno:
“Il vero obiettivo di Israele sembra non essere solo la distruzione della minaccia nucleare, ma la destabilizzazione dell’asse sciita”
Ed è esattamente questo che fa paura alle cancellerie europee: che Israele non si limiti a sopravvivere, ma che vinca.
La retorica rovesciata
Da quel momento, la stampa ha iniziato a ridefinire l’intero schema narrativo. Ogni mossa israeliana è diventata oggetto di sospetto. La vittoria militare viene vista come una provocazione, il contenimento iraniano come un rischio globale.
Sul Corriere della Sera, Goffredo Buccini scrive:
“L’operazione congiunta Usa-Israele potrebbe far precipitare la regione. Il pericolo non è la bomba, ma la destabilizzazione dell’equilibrio”
Persino il missile che non è ancora stato lanciato, persino il bunker vuoto viene trattato come atto aggressivo, mentre l’orologio nucleare di Teheran resta fuori campo.
In un’intervista su Repubblica, Narges Mohammadi — dissidente iraniana — afferma:
“Questa guerra non può portare la democrazia. Rafforzerà solo il regime.”
“Gli attacchi israeliani su Teheran sono incessanti e letali”
Persino Il Tempo ipotizza:
“Chiudere lo Stretto di Hormuz sarebbe un’azione non violenta ma efficace.”
“L’Iran ha diritto a difendere i propri interessi supremi”
Si chiama giustificazionismo preventivo
La redazione di Free4Future






Add comment